Mia moglie Valeria ed io abbiamo vissuto una importante esperienza missionaria in Congo dal 1971 al 1973 nell’ambito di un gruppo di persone denominato ”Comunità dell’attesa”, da cui è nata poi l’AVSI e un lungo e intenso impegno per l’uomo e per l’amore al suo destino che continua ancora attraverso l’Associazione Orizzonti. Oggi nel Kivu – dove abbiamo vissuto per due anni e a Bukavu dove è nato il nostro primo figlio Marco – è in atto una sanguinosa guerra per il possesso di quel territorio ricco di risorse minerarie. Abbiamo conosciuto padre Querzani, missionario saveriano, nel 1971 ed ora è ancora presente tra la gente per ricordare a tutti che la Chiesa non abbandona i popoli in difficoltà. Per questo proponiamo una sua lettera che il Corriere Cesenate ha già pubblicato poco tempo fa.
Arturo Alberti
Querzani scrive dalla periferia di Bukavu (Congo) in compagnia di 13 seminaristi saveriani congolesi alla vigilia della festa di Pasqua e si augura di poter celebrare serenamente questa festività nonostante l’occupazione di quelle zone (Est del Congo) da parte del duplice Movimento ribelle M23/AFC (sostenuto anche dal vicino Ruanda).
“Siamo infinitamente grati al Signore – scrive l’anziano missionario – che ha voluto che la conquista di Bukavu, a differenza di quella di Goma, sia avvenuta senza spargimento di sangue ed inutili stragi. …[n.d.r. Dopo 30 anni di instabilità dovuti ai numerosi gruppi ribelli e armati che infestano la regione] l’aspetto che attualmente affligge con maggiore intensità la popolazione, a parte gli inevitabili episodi di repressione, è la pesante crisi economica che paralizza tutta la vita sociale. Dal momento dell’occupazione di Bukavu, capoluogo della Provincia del Sud Kivu – prosegue il sacerdote – tutte le banche sono rimaste chiuse e la vita economica si è bloccata… La gente non sa più come fare a vivere.”
Querzani poi ringrazia il Signore che gli concede ancora di condividere “nonostante gli acciacchi dell’età e l’handicap della sordità, anche questo pezzo di storia del Congo con la gente alla quale mi dedico da più di cinquant’anni.” Il sacerdote racconta poi di vari momenti di condivisione con varie realtà nate dalla spinta missionaria: soprattutto le mattinate trascorse con i bambini della casa-famiglia di Kadutu. “L’accoglienza sempre simpatica e festosa di quei bimbi, (…) mi infonde una carica di ottimismo così necessario in questa non facile situazione. Loro sono ancora ignari di ciò che sta vivendo il paese, e dopo il loro arrivo in condizioni spesso pietose… a poco a poco rifioriscono a vita nuova.”
Un’altra terribile piaga dell’’Africa senza pace è quella del banditismo e dei soldati-bambino. Anche il missionario saveriano ne lamenta l’effetto devastante. “I banditi detenuti nelle prigioni di Bukavu che i Maybobo (ragazzi di strada) hanno fatto evadere poco prima dell’arrivo dei ribelli, hanno ripreso ad attaccare ogni notte le case nei quartieri rubando tutto e spesso anche ammazzando la gente, favoriti dalla totale impunità.”
“La vita, soprattutto per le famiglie che erano già povere, è diventata davvero difficile, a volte impossibile.”
A peggiorare una situazione già drammatica si è aggiunto l’insorgere di nuove epidemie, soprattutto colera e Mpox (vaiolo delle scimmie).
“Che fare? – conclude il missionario nella sua accorata lettera – Quello che si può. Affidiamo al Signore questa difficile situazione, chiedendo che aiuti tutti coloro che ne hanno il potere, a riportare la pace, condizione essenziale per ogni benessere e per ogni sviluppo umano… Che la guerra resti inchiodata alla croce di Cristo e ci venga accordato il supremo dono della pace.”