Centinaia di bambini delle bidonville di Haiti sono ostaggio delle bande armate.

Accadeva a luglio. Suor Marcella – religiosa italiana che come Associazione Orizzonti di Cesena stiamo aiutando –  fondatrice della Kay Pe’ Giuss che accoglie centinaia di bambini, tornata in Italia per il mese di agosto, non ha potuto fare rientro a settembre e a ottobre ad Haiti e si trova bloccata da due mesi in Repubblica Dominicana, dove insieme all’arcivescovo di Santo Domingo ha tentato l’ultima carta per portare via i bambini dall’inferno di Waf Jeremie, cercando di convincere il governo a lasciarle aprire una casa d’accoglienza.  «Tutto inutile- scrive -non c’è speranza di portare qui i bambini».

Il rischio che le bande conquistino la Kay Pe’ Giuss è concreto. Sono vent’anni che suor Marcella tiene testa ad Haiti a terremoti, tifoni, colera, alluvioni e soprattutto alle irruzioni dei criminali, ma un esercito di banditi che uccide chiunque incontri tra le baraccopoli di lamiera in cui si nascondono centinaia di migliaia di disperati, è un nemico troppo grande.

 Non c’è lavoro, non ci sono farmaci, si muore di fame e malattia e si ammazza per una tanica di acqua pulita. Centinaia i rapimenti di donne e bambini. I medici stanno lasciando gli ospedali. Anche gli educatori iniziano a cedere. Safira, infermiera, dopo dieci anni alla Casa, come altri presa, picchiata e derubata dai banditi, ha chiamato in lacrime suor Marcella: “Sorella non ce la faccio più, scusami”. E se ne è andata.

«Non tornare più», l’aveva minacciata il capobanda chiamando Suor Marcella ad agosto, mentre si trovava in Italia. E lei, che tanto avrebbe desiderato stare vicina ai suoi “piccoli angeli”, per obbedienza al Vescovo non è potuta tornare. Avrebbe preferito morire piuttosto che lasciarli soli, ma le è stato chiesto, con suo grande dolore, di desistere.

Troppo pericoloso, le hanno ripetuto l’arcivescovo e il nunzio, non solo per lei, ma per le persone di cui si prende cura.

 

«Obbedisco alla realtà, dice Suor Marcella, imparando da loro che tutto ciò che accade viene usato dal Buon Dio per compiere il nostro bene, in una forma misteriosa, ma sicuramente un Bene che un giorno capiremo. E che già mostra il suo volto. Lo vedo in quello dei bambini, che scoppiano di gioia mentre mi chiamano e raccontano che stanno preparando il primo Natale di Gesù Bambino “senza luci” perché non c’è elettricità.

Lo vedo nel volto del direttore della scuola che ogni santo giorno, per superare incolume la linea di guerra che lo separa dalla nostra scuola, si immerge in un fiume di liquami che attraversa l’immondezzaio, per correre dai nostri ragazzi, certo di Cristo e dell’opera educativa che lo attende».

 «Io, conclude suor Marcella, nonostante tutto, vivo una gratitudine. Certa che anche in questo momento, tra sparatorie, copertoni fumanti, baracche in lamiera Cristo continua ad accadere ad Haiti».